(foto Empoli Fc)


Come spesso accade quando una piccola batte una grande, ci si concentra sui demeriti della grande e si dimenticano i meriti della piccola. Empoli-Napoli non fa eccezione, perlomeno sui media mainstream. Eppure sono molti di più i punti a favore dei toscani che gli errori dei campani: detta così può sembrare paradossale, abbiamo tutti negli occhi la tracotanza di Malcuit sull’1-2 e l’irrazionalità di Meret sul 2-2, ma Empoli-Napoli è stata vinta altrove e non lì, perlomeno non solo lì.

Aurelio Andreazzoli veniva dalla sua peggior prova a Empoli, il 4-1 senza scuse di Udine. In una settimana ha cambiato tutto, lavorando sulla testa e sul cuore dei giocatori. La vittoria non è stata solo di pancia, ma anche di idee. Una su tutte: il pressing. Riguardando la partita si può notare come tutti i componenti dell’Empoli, specie quelli offensivi, cerchino di chiudere sempre ogni linea di passaggio. Guidato da Pinamonti, diventato fondamentale nel portare pressing nell’ultimo terzo di campo, l’Empoli va a riprendere due palle sanguinosissime, giocate con rovinosa sufficienza dai partenopei. Ed ecco che con queste idee, con questa predisposizione nascono due dei tre gol.

Il terzo è quello che più si presta alle qualità dei singoli, le qualità esplicite che anche un occhio non allenato può scrutare su un qualsiasi campo di gioco. Bene Bajrami in progressione, ottimo il movimento di Di Francesco, eccezionale la stirata con senso della posizione di Pinamonti. Era un gol scritto, chi guarda il calcio sa – lo ammetta, ormai la partita è in prescrizione – che in quel momento era molto più probabile un 3-2 empolese che un pari o un gol campano. Perché era scritto? Innanzitutto per il morale, le cosiddette ali dell’entusiasmo su cui stava giocando la banda di Andreazzoli da qualche minuto; inoltre perché anche lì l’Empoli è stato razionale nello scrutare le frane del Napoli, nell’inserirsi negli inevitabili spazi lasciati da una squadra in disarmo fisico e mentale. Il Napoli da tempo cala nel finale, l’Empoli lo sapeva e lo ha sfruttato.

Limitarsi alla lettura dei soli minuti finali è dannoso perché, ancora una volta paradossalmente, il miglior Empoli è forse quello del primo tempo. Ordinato, composto, ma anche letale in contropiede, bravissimo in tutte le transizioni. Certo, nel calcio il gol bisogna farlo e non prenderlo, quindi il risultato della prima frazione annebbia la visione finale, ma è nel primo parziale che l’Empoli costruisce la vittoria. Mette alle strette il Napoli, si fa vedere spesso dalle parti di Meret, porta alta la pressione, chiude quando possibile gli spazi dietro.

Si parla della partita in attacco degli azzurri, ci si dimentica della gestione della fase difensiva. Al netto di un centrocampo che, almeno nei titolari, poteva compiere meno sbavature, in difesa c’è chi ha giganteggiato. Il doppio centrale mancino – detto con onestà – inizialmente era sembrato un forte azzardo. Luperto ha giocato bene, Viti ha fatto probabilmente la miglior gara stagionale, facendo passare Osimhen per un attaccante qualsiasi. Qualche sbavatura è arrivata dalle fasce (lo 0-2 è una leggerezza Parisi-Verre) ma si è visto di peggio.

L’Empoli ha giocato la partita perfetta? Assolutamente no. Ha ‘solo’ giocato nella miglior maniera possibile per battere una delle squadre più forti della Serie A (e difficilmente contestabile, ma quei panni è giusto che li lavino a Castelvolturno). Da questo 3-2 rimangono delle certezze: Pinamonti è un trascinatore, Asllani diventerà ancora più forte, Bajrami se si accende è da Europa, Henderson è tornato, Viti è fortissimo, Vicario dà sempre sicurezza, Andreazzoli è uno dei tecnici più sottovalutati della Serie A. La certezza più grande però è che questo Empoli, zitto zitto, si è salvato anche facendo la grande contro le grandi. Non è una cosa da poco.

Gianmarco Lotti