(foto Lega B)


Alessio Dionisi sarà il prossimo allenatore dell‘Empoli, finalmente. Su di lui si è detto molto: è giovane, è propositivo, fa giocare bene le squadre. Non è molto conosciuto ma si è fatto vedere col Venezia, specie nella seconda parte di 2019-20. In realtà qualcuno, anche tra i più esperti, non ha ancora ben chiaro chi sia e come giochi – o meglio, faccia giocare le squadre – Alessio Dionisi. Proviamo a fare un breve excursus, una sorta di identikit del nuovo allenatore degli azzurri.

Dionisi nasce in Toscana a Abbadia San Salvatore, alle pendici dell’Amiata, il 1 aprile 1980 e vive nella poco distante Piancastagnaio. Calcisticamente cresce nel Siena, poi va alla Pianese e poi emigra al nord, dove vive (è stato ‘adottato’ da Biandronno e Varese) e dove tuttora ha compagna e prole. Nella sua carriera da calciatore – difensore centrale col piede da rigorista e tiratore di punizioni – ha scritto pagine importanti col Varese, la Tritium e il Voghera. Appese le scarpette al chiodo, ha allenato l’Olginatese per poche gare in D, poi il Borgosesia due anni sempre in D, in seguito ancora D col Fiorenzuola. Nel 2018-19 l’approdo all’Imolese in C tra i professionisti e infine il Venezia.

Nella sua carriera ha influito molto l’incontro con Stefano Vecchi, ma è stato fatale quello con Devis Mangia. I due si sono incrociati quando ancora Dionisi era calciatore, poi l’ex ct dell’Under 21 lo ha voluto con sé con Varese, Tritium e Ivrea. Tanto sacchiano è Mangia, quanto ‘post-sacchiano‘ è Alessio Dionisi. Entrambi puntano sul fraseggio e sulla squadra corta, ma se Mangia alle volte può apparire speculativo, Dionisi è la sua evoluzione. Per spiegarlo, usiamo un parallelo nel calcio dei grandi: Dionisi fa come hanno fatto i tedeschi (Rangnick su tutti) coi dettami di Sacchi, li trasforma in qualcosa di più moderno e malleabile.

Come giocano le squadre di Dionisi? Prendiamo gli esempi più vicini nel tempo, anche se la carriera del tosco-lombardo è piuttosto breve quindi la risposta può valere per gli anni della D. D’altronde quello a Empoli sarà solo il suo terzo anno tra i pro. Il mister utilizza due moduli, il 4-3-3 e il 4-3-1-2, con il secondo preferito sul primo. Li interpreta però come due schemi piuttosto simili, dato che anche nel 4-3-1-2 il trequartista non è da intendere come il 10 classico di cui era pieno il calcio italiano fino a venti anni fa, tutt’altro. Da una cosa per ora non si scappa, la difesa è rigorosamente a quattro.

In fase di possesso il trequartista è colui che dà la verticalità, parola chiave del gioco di Dionisi. Le sue squadre – Imolese su tutte, ma un po’ anche il Venezia – vanno da un’area all’altra in pochissimi secondi. Questo è possibile grazie a una costante costruzione dal basso, sviluppata con la cosiddetta Salida Lavolpiana, ovvero l’arretramento del vertice basso del centrocampo tra i due difensori centrali (esempio: Bennacer). Il ruolo principe nel suo gioco è la mezzala: deve correre molto e dare qualità, perché serve sia a spezzare la costruzione avversaria, sia a entrare negli spazi quando c’è da attaccare. Il ds Accardi è avvisato, servono elementi in quella zona…

La manovra si basa molto sulla conoscenza dei movimenti di ogni compagno di squadra. Veder giocare l’Imolese ‘dei miracoli‘ o anche scorgendo qualche clip del Borgosesia si notano meccanismi molto oliati: molti triangoli, tanti movimenti incontro al pallone per poi scattare alle spalle del difendente, ma anche una diffusa sicurezza da parte dei giocatori, propensi a cercare spesso la giocata. Gestisce il pallone, senza puntare al 60-70% di possesso palla, un dato spesso superfluo.

Alessio Dionisi è anche un gran teorico del pressing. In Italia viene utilizzato come strumento difensivo – ti do fastidio per non permetterti di attaccarmi -, ma lui lo interpreta ‘alla tedesca’: il pressing serve per prendere il pallone e attaccare subito, cogliendo impreparata la difesa. Si può banalmente riassumere così: non importa avere sempre e solo noi la palla, bisogna essere bravi a prenderla e indurre gli altri in errore. Sono concetti alla base del Gegenpressing di Klopp, per quanto il paragone possa suonare troppo alto.

Per questo viene riempito il centro del campo, costringendo gli avversari sulle fasce. Fare densità al centro, specie sui rinvii o sulle manovre avversarie da dietro, è una chiave per compattarsi e scattare come una molla nella zona dove finisce la sfera. Qui diventano fondamentali i tre davanti, che devono saper pressare, ma anche le mezzali, chiamate ancora una volta a un lavoro dispendioso.

Detto questo, può sembrare che Dionisi sia il nuovo profeta del calcio italiano. La speranza dell’Empoli è che lo diventi, ma il mister è una persona piuttosto modesta e che deve dimostrare ancora molto. Per quanto le premesse siano buone e il profilo sia perfetto per l’Empoli, è bene non farsi prendere da facili entusiasmi. Ha dalla sua le idee e la capacità di cambiarle, senza particolari dogmi. Sarà un Empoli corto e compatto, ma ci vorrà tempo perché tutti questi meccanismi non si imparano certo in due settimane di ritiro.

Alessio Dionisi poi punta molto sui giovani, e non potrebbe essere altrimenti dato che coi giovani ha lavorato: in passato ha avviato un’azienda che si occupa della gestione delle attività e dei centri estivi per i bambini, su in Lombardia. Sa lavorare anche sulla testa: lascia liberi i giocatori di giocare secondo le proprie abilità e, come detto, di provare la giocata quando non è fine a se stessa.

Sarà un Empoli divertente? Si spera. Di sicuro sarà propositivo, di sicuro Alessio Dionisi è una scelta da Empoli.

Gianmarco Lotti