
Bohdan Ruslanovich Popov è nato il 4 aprile 2007 a Nizhyn, in Ucraina, e fin da ragazzino ha respirato calcio e, purtroppo, guerra. Nel 2022, quando è scoppiato il conflitto russo-ucraino, Popov si trovava in Polonia con l’Under-17 della Dinamo Kiev, un torneo internazionale lo aveva portato lontano da casa nel momento peggiore. La guerra lo separa dalla sua famiglia, lo costringe a ricominciare altrove, con una valigia piena di sogni ma anche di paure.
L’Italia lo accoglie: prima Arcola, in provincia di La Spezia, dove vive in una casa famiglia, poi l’Empoli lo mette sotto la propria ala. È qui che Bohdan comincia a crescere, nel settore giovanile, nell’Under-17, poi nella Primavera, mostrando numeri promettenti (otto gol in 14 partite con l’Under-17, poi la doppia cifra con la Primavera). Intanto la società non resta indifferente: il presidente Corsi, lo staff tecnico, la dirigenza – tutti sottolineano che non è soltanto altezza e fisicità (Popov è alto 193 cm) ma che ha anche tecnica, buon movimento, capacità di essere pericoloso in area e nei colpi di testa.
Quando Pagliuca diventa allenatore dell’Empoli e la stagione 2025/26 comincia, le circostanze lo favoriscono. Già dalle prime giornate, con infortuni o squalifiche che limitano le opzioni offensive, Popov viene chiamato. Al debutto in Serie B, contro il Padova, entrato a partita in corso, segna due gol. Un gol da “attaccante puro”, altro con un colpo di testa spettacolare. Poi la rete contro la Reggiana, poi un gol decisivo nel match contro lo Spezia: quattro gol nelle prime tre giornate. Numeri che per un ragazzo che fino a poco tempo fa non aveva neanche esordito con la prima squadra sono qualcosa di eccezionale.
Subito alla sua esplosione qualcuno ha cominciato a parlargli vicino: “talento vero”, “potenzialmente destinato a cose grandi”, dicono dai vertici dell’Empoli. Il presidente Fabrizio Corsi ha più volte definito Popov come una promessa che va coccolata, ma anche sfidata: serve metterlo in condizione di crescere con equilibrio, senza fretta, soprattutto per quanto riguarda la struttura fisica, la resistenza, l’inserimento tattico. Secondo chi serpeggia nei corridoi del calcio giovanile e nei media sportivi, le sue caratteristiche (altezza, fiuto del gol, capacità nei colpi aerei) fanno pensare già a paragoni: qualcuno lo accosta – forse in toni un po’ prematuri – a giovani centravanti che hanno cominciato così, con numeri impressionanti, anche sotto la pressione. Non tanto come identità tecnica precisa, ma come profilo: quello dell’attaccante “pane per i gol”, capace di trovare la rete anche quando la squadra non costruisce tanto.
In Ucraina già se ne parla: non in termini mitologici, ma con rispetto e speranza. Popov sta diventando una figura simbolica nei media sportivi ucraini, un modello per i ragazzi che vivono il conflitto, che vedono in lui qualcuno che ha dovuto lasciare casa, affrontare discontinuità, adattarsi a culture nuove, lingue nuove, eppure non perdere la determinazione. La sua storia è citata da giornali ucraini come esempio di resilienza, ma anche di come lo sport possa offrire un rifugio, una speranza. Pur nelle difficoltà.
Empoli sembra la piazza giusta per lui: un club con tradizione di valorizzazione, con attenzione ai giovani, con staff e struttura che lo supportano. Se lui continua a rispondere presente, match dopo match, probabilmente non resterà a lungo nella Serie B. Le attenzioni arriveranno dall’Ucraina ma anche da altri club europei, magari non ancora da top club, ma abbastanza per far capire che il suo valore è riconosciuto.

