(foto empolichannel.it)


Spazio all’Empoli a ‘Radio 1’ con Fabrizio Corsi, presidente azzurro. La sua squadra è reduce dal successo contro il Sassuolo e in questo momento è fuori dalla zona retrocessione: “Veniamo da una riscossa di sei partite consecutive, dopo un momento di grande difficoltà. Ora abbiamo inanellato una serie di risultati positivi, bisogna evitare l’effetto placebo di questa situazione. Il campionato è tutto da giocare: ci siamo semplicemente rimessi in corsa per la salvezza, quando un mese e mezzo fa sembravamo spacciati. La salvezza è ancora tutta da conquistare: sarà ancora durissima, dovremo dare il meglio di noi”.

Quale sarà il futuro di Davide Nicola?

“Su di lui si sono già fatti nomi di società importanti per la guida tecnica dell’anno prossimo, ma queste sono cose che ci possono solo distrarre dal prossimo impegno, un altro spareggio salvezza con il Cagliari. Per ora non vorremmo pensare oltre la partita di domenica, tutte le energie saranno dedicate per prepararla al meglio. È una sfida da tripla”.

Format Serie A: a 18 o 20 squadre?

“Sono ovviamente per una Serie A a 20 squadre, perché si ridurrebbe la possibilità che l’Empoli, il Frosinone, la Salernitana, il Crotone, la Cremonese possano partecipare a questo campionato. In più, per quanto riguarda la proposta di giovani calciatori, mi sembra che siano soprattutto le squadre di provincia in grado di farli giocare, maturare, crescere e porli all’attenzione del mister della Nazionale. Si è un po’ perso questo gusto qui in Italia nei confronti dei giovani italiani”.

Allora da dove passerà questa riforma del campionato?

“Si parla di alleggerire la Serie A per toglierle due o quattro partite. Sento spesso discorsi secondo cui tante partite generano infortuni. Conosco bene quello che fanno i calciatori, ci si fa male perché chi d’estate fa le amichevoli in giro per il mondo per interessi economici magari di lavoro per preparare la stagione ne fa poco o niente. Questa idea della riduzione delle squadre è in controtendenza rispetto allo scenario europeo, solo in Germania c’è il torneo sotto le 20 squadre. Semmai parliamo di professionismo, nessuno in Europa ha 90 squadre”.

Si sente un po’ a disagio in questo calcio, sempre più di proprietà dei grandi fondi, a discapito delle storie familiari come la sua?

“Mi sento che è un mondo completamente cambiato, si sono numeri andati ormai fuori controllo. Ci sono tante società indebitate, però si va avanti a caccia di soluzioni, come la partecipazione a tornei europei, per ultimo il Mondiale per club. Sinceramente è un gatto che si morde la coda. All’estero vedo società importanti che sono in difficoltà finanziaria e una delle soluzioni è tagliare gli stipendi dando spazio ai giovani. L’anno scorso il Barcellona ha vinto il campionato con sette millennials impiegati in pianta stabile in rosa”.