Il diesse azzurro Pietro Accardi ha parlato sulle pagine dei giornali, La Nazione e il Tirreno. Ecco le sue parole sulle pagine proprio della Nazione.
«Nella programmazione che abbiamo fatto – dice lo stesso Accardi – non c’erano prime o seconde scelte, ma obiettivi. Abbiamo preso dei giocatori funzionali al nostro modo di fare calcio e siamo contenti del mercato. Un valore importante erano le motivazioni: volevamo gente convinta di venire qui».
Si aspettava di chiudere tutto ben prima del limite?
«Sinceramente no. In una sessione di mercato ci sono dinamiche che si intrecciano e che spesso non dipendono dalla nostra volontà, ma è andato tutto secondo i piani. Siamo soddisfatti dei giocatori che abbiamo preso».
Un mercato importante anche in uscita…
«Vuol dire che le scelte fatte un anno fa erano giuste, avevamo in mano giocatori forti. Purtroppo dietro una retrocessione c’è un mondo, ma è stato lo stesso presidente a dire che era una delle squadre più forti che aveva avuto in A».
I tifosi ve lo hanno riconosciuto…
«Non mi era mai capitato di retrocedere tra gli applausi. La gente ama questi colori si fida delle nostre scelte, in particolare del presidente».
Colpo più bello?
«Direi Mancuso. Operazione difficile, ma mi è piaciuto fin da subito anche sul piano umano».
Aveva predicato pazienza: quanta ne è servita in questo mercato?
«Ci sono state difficoltà oggettive, tutti sapevano che avevamo venduto bene e ne approfittavano. Stulac lo abbiamo chiuso dopo un mese e mezzo. Nel mercato ci sono dinamiche che non puoi determinare, ma devi subire i tempi della controparte».
Che squadra è l’Empoli?
« E’ competitiva per la categoria, ma ci sono analisi oggettive da fare. Ci sarà bisogno di tempo, anche se nel calcio non basta mai. Sappiamo che può e deve migliorare, ma è tutta nuova e non possiamo giudicarla adesso. Dovremo essere equilibrati nelle analisi, mantenere sempre la lucidità».
Teme i paragoni col passato?
«Farli sarebbe un errore. C’è chi ci definisce la Juve della B, ma certe cose devi dimostrarle in campo. La pressione è comunque stimolante e noi non la temiamo: chi non si assume responsabilità non può fare questo lavoro».