Su www.gianlucadimarzio.com è uscita una bella intervista alla responsabile marketing dell’Empoli, nonchè figlia del presidente Fabrizio, Rebecca Corsi. L’articolo, realizzato da Erika Calvani, è un ritratto a 360 gradi di una delle poche donne che hanno parte attiva in una società professionistica della nostra serie A.
Stagione incredibile dell’Empoli. Da neopromosso ha attirato l’attenzione di tutti, mettendo in difficoltà anche le grandi. Si aspettava questa stagione oppure è stata una sopresa anche per la società?
“In parte è stata una sorpresa, ma Maurizio Sarri è l’allenatore più forte che abbiamo mai avuto, il nostro centravanti per eccellenza. I tanti risultati positivi e l’attenzione su di noi sono merito di un grande gruppo, una grande società e una grande famiglia. A Empoli l’unione e il lavoro di squadra vanno oltre l’impegno dei ragazzi sul campo. Da qui sono emersi Rugani, Valdifiori, un grandissimo Mario Rui e il ritrovato Saponara, oltre agli stessi Tavano e Maccarone che continuano a far bene. Le difficoltà ci sono sempre, ma il team è il valore aggiunto dell’Empoli. Questa è la nostra arma in più: andare tutti verso un unico obiettivo, dal settore giovanile alla prima squadra”.
Come appare l’ambiente calcio agli occhi di una delle poche donne che ne fanno parte nel massimo campionato italiano?
“Il calcio è un po’ come la politica: si fatica a farsi largo quando ci sono dei pilastri nell’ambiente da tanti anni. E’ chiaro che il futuro siano i giovani, ma il peso delle tante figure presenti da oltre vent’anni si fa sentire. Poi per le donne è ancora più difficile, essendo il calcio un ambiente prettamente maschile. Fino a poco tempo fa, e in parte tuttora, le donne erano guardate con un occhio diverso. Si fatica ad essere comandati o gestiti da una donna. In Lega preferisco affiancare il nostro amministratore delegato e imparare senza essere troppo intraprendente. E’ un ottimo modo per farsi delle idee. Scambiare parole con Agnelli, Galliani o Lotito fa capire davvero come loro vivono il calcio. Il nostro modo è diverso, ma c’è sempre da imparare da certe persone. Per una donna agire nell’ambiente calcio è faticoso, soprattutto se ha solo 27 anni come me. Parlare di lavoro e prendere posizioni con chi ti ha visto crescere non è semplice, la credibilità è essenziale. Quando parlo devo sempre essere credibile. Per questo ad oggi in Lega preferisco ascoltare, anche se nella vita purtoppo non riesco a non dire quello che penso, talvolta sbagliando. Sono giovane, serve esperienza”.
Quanto è grande il passaggio da figlia del presidente a donna di società?
“E’ stato il passaggio cruciale. Un conto è essere vista come la ragazza carina e simpatica figlia del presidente, vivendo solo l’aspetto emozionale dell’Empoli, un altro è avere responsabilità. Non è facile partire da “figlia di”. Mi ricordo ancora un commento:“fanno sempre stare i figli di”. In realtà oggi per i “figli di” non è semplice. E’ uno scalino in più da salire”.
Il suo rapporto con i giocatori?
“Vivo lo stadio 3-4 volte la settimana, ma soprattutto sono al centro sportivo di Monteboro. I giocatori sono per la maggior parte ragazzi con i quali sono cresciuta e che conosco da quando facevano parte del settore giovanile dell’Empoli. Mi sono affezionata a loro, ma questo è un altro aspetto. L’Empoli non è una società in cui il presidente vede i giocatori una volta al mese. Sia io che mio padre siamo tutti i giorni lì e inevitabilmente si creano rapporti di confidenza, ma sempre mantenendo un certo distacco. Ora non sono più la bambina da sempre al Castellani, sono una donna che vuole dimostrare”.
La giornata tipo di Rebecca Corsi?
“Nei giorni ordinari controllo i conti e tutta la gestione strutturale del centro sportivo e dello stadio. Inoltre ci sono le varie iniziative durante l’anno, come la presentazione della squadra, la campagna abbonamenti, le promozioni, i volantini della scuola calcio, le feste, le campagne, oltre ovviamente alla programmazione della prossima stagione. Tutto questo passa anche da me”.
Tre aggettivi che la rappresentano?
“Sono lunatica. Le mie emozioni cambiano molto e di conseguenza anche le idee, come un uragano. Ho sempre idee nuove. Può essere un pregio per molti aspetti, ma a volte non è semplice gestirmi. Per fortuna sono affiancata da un collega all’opposto di me. “Sono sincera. Mi si legge in fronte quello che penso in modo trasparente. Sono positiva, forse a volte anche troppo. Vedo sempre il bicchiere mezzo pieno e sono sempre sorridente, nonostante talvolta il sorriso sia un’arma. La mia famiglia mi ha sempre insegnato che solo con il sacrificio si raggiungono i risultati. I miei esempi sono mia nonna, portando avanti un’azienda importantissima, mio padre e mia mamma, sempre positiva e sorridente. Grazie a lei sono abituata a guardare il sole la mattina quando mi alzo, il tramonto, la luna e tutto ciò che di bello ci circonda. Da lì deriva la mia positività”.
Se potesse cambiare qualcosa nel calcio cosa cambierebbe?
“La domanda dovrebbe essere estesa a cosa cambierei nel mondo, perchè i problemi del calcio sono gli stessi del mondo di oggi.Vorrei fosse più pulito e venissero a galla i valori sportivi. Vorrei che le famiglie sentissero il piacere di andare allo stadio, senza avere paura e senza troppi ostacoli per acquistare un biglietto. Vorrei che lo stadio fosse un’esperienza da trasmettere. Purtoppo oggi c’è troppa spettacolarizzazione. La gente ne ha abbastanza di tutto questo spettacolo e di guardare campioni che guadagnano cifre inimmaginabili per tirare calci a una palla. Dovremmo tornare con i piedi per terra. Il calcio è un business e lo sarà sempre, ma se riuscissimo a far emergere i veri valori delle partite dei settori giovanili, dei calciatori italiani o del sentirsi orgogliosi della propria nazionale, diventerebbe una esperienza di unione. La gente frequenterebbe maggiormente gli stadi e i bambini si appassionerebbero di più. Credo sia una riflessione da estendere allo sport in generale, ma nel calcio c’è ancora più bisogno. Ormai è diventato troppo bunisess e spettacolarizzazione”.
Il suo rapporto con le altre donne della serie A?
“Non ho avuto ancora il piacere di conoscere nessuna, ma sono rimasta molto colpita da Barbara Berlusconi, dal suo modo di parlare e dalle sue conoscenze. Mi rendo conto quanto non sia facile sgomitare accanto a un pilastro come il Dott. Galliani e un padre di spessore come Silvio Berlusconi”.
Secondo lei perchè sono così poche le donne nel calcio italiano?
“Il calcio è l’ambiente maschilista per eccellenza. La strada di apertura alle donne è stata intrapresa, ma ancora non siamo vicini. Se le donne continuano ad essere considerate solo donne, nel calcio avranno sempre difficoltà. Sottolineare sempre la differenza tra uomo e donna è sbagliato. La differenza deve essere tra over e giovani. Diamo la possibilità ai giovani che vogliono intraprendere un percorso. Le generazioni vanno avanti, le opportunità che ho avuto io non sono le stesse che ha avuto mio padre. Il mondo va avanti velocemente e chi non riesce a star dietro ai cambiamenti si trova in difficoltà. E’ anche una questione generazionale. I giovani sono più aperti alle novità”.
Le è mai capitato di sentirti dire “lascia stare, il calcio è un ambiente da uomini”?
“Sì, da parte di una persona a me molto vicina, l’ex Direttore Generale Pino Vitale. Un giorno gli chiesi di andare a Milano e mi rispose che il calcio è prevalentemente maschile, non ci sono donne. Non mi sono certo frenata”.
E se qualcuno lo dicesse adesso?
“Gli risponderei che un pensiero del genere può essere solo un limite per chi lo pensa e per il calcio”.
Il suo sogno?
“Restare in serie A 6 anni. L’Empoli è stato in massima serie soltanto 3 anni consecutivi. Mi augurerei di raddoppiarli. Poi ovviamente spero di crescere come persona, in parallelo alla società”.